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ArticoliGestione ed Elaborazione del luttoA cura di Allegra Sangiovanni
Il lutto è il processo di adattamento di un individuo allo stress provocato da una perdita significativa. Dopo la scomparsa dell'oggetto d'amore, il soggetto passa attraverso una serie di stadi che consentono, in ultima istanza, di ricominciare una vita dotata di senso, di ritrovare la gioia di vivere e di integrare l'esperienza subita, in maniera funzionale, nel prosieguo dell'esistenza. La mancanza dell'altro comporta anche la privazione di una parte di sé stessi, di ciò che si era prima, e ciascuno dovrà trovare la propria strada per rapportarsi al dolore, e percorrerla in solitudine. Diversi possono essere i fattori contingenti che si intersecano rendendo più difficoltoso il canonico processo di elaborazione di un lutto. Fra questi troviamo la combinazione di una perdita di grande rilievo emotivo e una limitazione delle risorse personali e relazionali per fronteggiarla (lutto eccedente). Il lutto può essere inoltre “complicato” da fattori estranei che sottraggono tempo ed energie al processo di elaborazione (la contemporaneità di più lutti; difficoltà economiche conseguenti al lutto che impongono la ricerca di un lavoro o di una nuova abitazione; accudimento gravoso di membri con disabilità; questioni rimaste in sospeso; distacco di un figlio dalla famiglia d'origine; ecc). Ancora, il lutto può essere “ritardato” dal timore di sprofondare nella disperazione totale che il riconoscimento della morte potrebbe causare e che il dolente pensa di non poter reggere; questo fa sì che vi sia un tempo prolungato di latenza tra il momento della morte e l'avvio del processo di separazione. Il processo di elaborazione può anche “cronicizzarsi”, cioè progredire in maniera molto lenta; a volte così lenta da apparire in stasi. Infine, il lutto “patologico” identifica quella condizione psichica che impedisce, anche quando esiste una rete familiare e di prossimità disponibile, di conquistare/riconquistare un equilibrio di esistenza funzionale. Le fasi di elaborazione del lutto comprendono:
I bambini, per poter attraversare le tappe dell'elaborazione di un lutto hanno bisogno che essere a conoscenza della verità dei fatti; poter salutare la persona che se ne sta andando e assistere alle cerimonie sono di fondamentale importanza perché essi possano custodire delle immagini e avere dei ricordi di quanto accaduto. Solo in questo modo potranno, se adeguatamente supportati da chi gli sta accanto, vivere il proprio dolore e affrontare un'elaborazione psichica che, comunque, resterà in parte sospesa fino alla maturità. Tanto per gli adulti quanto per i bambini, se si giunge ad elaborare un lutto ci si apre alle altrui sofferenze, ci si arricchisce con nuovi legami e scoperte che, in caso contrario, sarebbero precluse. Dall'aggressività alla persecuzione: Il Cyberbullismo
A cura di Allegra Sangiovanni
Se fino a qualche tempo fa la protezione dei genitori sui figli consisteva prevalentemente nel vigilare sulla compagnia di amici al fine di evitare l'uso di sigarette, droghe e alcool quando i ragazzi erano fuori di casa, oggi il nemico è entrato nelle mura domestiche; silenzioso compagno di giochi anche quando, spento il computer, si continua ad essere online sullo Smartphone o sul Tablet. Con l'evoluzione delle tecnologie e l'esplosione di Internet, con la nascita dei Social Network, il bullismo ha assunto la sua forma più subdola e pericolosa diventando “Cyber”. Gli atti di Cyberbullismo prendono sempre più la forme dell'espressione dell'intolleranza e della scarsa accettazione della diversità, a prescindere dal fatto che questa sia dovuta all'etnia, alla religione, alle caratteristiche psicofisiche, al genere, all'orientamento sessuale o a particolari situazioni familiari. Ed è nella disinformazione e nel pregiudizio che si annidano i fenomeni di devianza giovanile che possono sfociare in azioni di Cyberbullismo. Bullismo e Cyberbullismo sono da considerarsi una forma estrema di “degenerazione” del comportamento. In una società in cui l'apparire ha più importanza dell'essere, la diffusione prodotta dal Web e dai Social Network dei comportamenti devianti genera l'amplificazione ed estremizzazione degli stessi; in questo modo le azioni del bullo divengono uno spettacolo con migliaia di spettatori. Inoltre, la diffusione pubblica dei dati relativi alla vittima e l'anonimato dell'aggressore fanno sì che lo spostamento del bullismo su Internet aumenti tragicamente le conseguenze negative del fenomeno. L'essere costantemente connessi, rende l'attacco sempre possibile, esponendo la vittima ad una incessante azione persecutoria che la porta a sentirsi sempre più impotente e perennemente in uno stato di imminente pericolo. Oltre a ciò, le relazioni digitali, escludendo il corpo nella sua concretezza, tendono a favorire pensieri e comportamenti più disinibiti, incrementando l'aggressività e la sessualizzazione nelle relazioni. In virtù di ciò il Cyberbullismo, sfruttando la comunicazione digitale, incrementa notevolmente l'intensità della violenza e gli esiti persecutori annessi. Come è sempre accaduto, il razzismo, l'aspetto fisico o l'omofobia possono essere utilizzati come miccia. Per dare qualche numero all'entità del fenomeno, il 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza, mette in risalto come il 27% degli intervistati ha subito più volte in un mese offese immotivate e provocazioni. Il 22% denuncia che sono state date informazioni false sul proprio conto; il 15% che ha subito dei danni.
ASPETTI PSICOLOGICI
L'attenzione va posta sul tema dell'aggressività, intesa come la capacità di trovare e difendere il proprio spazio nel mondo delle relazioni. La vittima non riesce ad usare la propria aggressività e, se attaccata, si chiude in se stessa, cercando di riconoscere e gestire quello che prova attraverso emozioni ambivalenti. Fra queste, prima di ogni altra, è da considerarsi la rabbia, non solo per ciò che si è subito, ma anche per non esser riusciti a reagire; essa viene, in alternativa, veicolata verso i familiari e le persone care. Vi è poi la vergogna: tendenzialmente, più si prova vergogna meno si manifesta la rabbia in modo esplicito. La vergogna infatti induce a nascondere il più possibile l'accaduto, impedendo qualunque possibilità comunicativa consapevole. Altra emozione rilevante è il senso di colpa: sentirsi in colpa assumendosi la responsabilità dell'accaduto permette alla vittima di dare un senso alle vessazioni subite, che altrimenti rimarrebbero incomprensibili. Infine abbiamo la paura che, nel caso di chi si sente perseguitato, è più simile al terrore. Una sotto tipologia di vittime di questo fenomeno è rappresentata dalle cosiddette “vittime provocatrici”, che presentano tratti di personalità a metà strada tra il bullo e la vittima. Essi non riescono, come le vittime sottomesse, a fronteggiare gli attacchi, ma scaricano a loro volta la rabbia e la frustrazione sui coetanei percepiti come più deboli. Dunque, gli elementi comuni alle vittime di Cyberbullismo, così come appaiono ad occhio esterno riguardano: ansia e insicurezza nell'interazione con i coetanei; difficoltà nell'esternazione dei propri stati d'animo con i familiari e gli amici; tendenza alla sottomissione; scarsa autostima e cattiva opinione di sé; tendenza a camminare con gli occhi bassi e con le spalle incurvate; assenza, o scarsa padronanza, degli strumenti difensivi; solitudine e isolamento; incapacità nelle attività che comportano prestanza fisica e aggressività; difficoltà a chiedere aiuto. Veniamo adesso al profilo del Cyberbullo. La necessità del bullo di avere degli spettatori intorno mentre agisce è la testimonianza di come anch'egli abbia bisogno di nascondere la propria, incontenibile, fragilità, proiettandola sui coetanei più deboli. L'”atto” rappresenta così, per il bullo, la conferma di un'immagine apparentemente forte e sicura di sé a cui lui per primo non crede. Le sue caratteristiche emotive sono contraddistinte, prima di ogni altra cosa, da aggressività, che rappresenta l'unico modo per mettersi in relazione con gli altri. L'impulsività lo spinge ad agire evitando la riflessione sulle conseguenze producibili e inevitabili delle proprie azioni; essa, solitamente, è associata all'incapacità di autocontrollo. Vi sono poi la scarsa tolleranza alle frustrazioni e la grande considerazione di sé stessi, al punto da render vano qualunque tentativo di messa in discussione personale. Conseguenza di ciò, nella personalità del bullo non v'è traccia né di empatia né di sensi di colpa, insieme ad un'assoluta incapacità di assumersi le proprie responsabilità nelle relazioni sociali come in quelle affettive; al posto dei sensi di colpa, si colloca la consapevolezza dei vantaggi personali derivanti dalla prevaricazione sulle vittime. In conclusione, sono presenti anche ostilità nei confronti della scuola e dell'ambito familiare, abilità nelle attività sportive, l'uso di sostanze stupefacenti e, conseguenza quasi inevitabile dell'inclinazione alla trasgressione, problemi con la legge. Il bullo percepisce il diritto naturale di essere distruttivo senza però il dovere di porre rimedio ai danni derivanti dai propri attacchi. A volte, questi ragazzi sono stati scambiati per bambini iperattivi e questo può deresponsabilizzare l'ambiente familiare dal prendersi cura di loro, delegando a medici e psicologi questo compito. Riassumendo quanto fin qui esposto, i bambini destinati a diventare vittime di Cyberbullisimo ranno la tendenza a trattenere l'aggressività (ritorcendosela così contro), quelli destinati a diventare bulli si dedicheranno a forme precoci di prevaricazione. Un atto di aggressività diventa persecutorio se chi lo subisce trattiene la rabbia al punto da evitare di parlarne e chiedere aiuto.
Gli adolescenti vittime di Cyberbullismo possono essere restii a parlare delle molestie subite Online per vari motivi: difficoltà a comprendere di essere vittima del fenomeno, timore per nuovi e ulteriori attacchi, minacce o insulti e preoccupazione circa la possibilità che i genitori possano limitare loro l'uso del computer o del cellulare. Gli obiettivi di un percorso psicologico con le vittime devono pertanto concentrarsi sulle strategie che consentiranno loro di agire in modo adeguato rispetto a eventuali situazioni future, oltre che a lavorare sull'autostima e sulla consapevolezza di sé. Scopi del colloquio psicologico saranno anche le indagini sulla vita sociale e relazionale del giovane, spesso rese più complicate da vissuti di solitudine e di isolamento. Con il Cyberbullo invece, l'obiettivo sarà quello di aiutarlo a comprendere le conseguenze delle proprie azioni sulle vittime e il conseguente impatto emotivo, cercando di sviluppare la sua empatia e comprensione e aumentare il senso di responsabilità. Pedofilia: Dall'abusante all'abusato
A cura di Allegra Sangiovanni
Di recente, lo spazio concesso al dramma della pedofilia da parte di programmi televisivi e radiofonici, articoli su giornali e riviste, ha attirato l'attenzione su quello che, in passato, era considerato massimamente un evento, si terribile, ma estremamente raro. Il pedofilo è spesso per il bambino un consolatore della solitudine, calma un vuoto di parole e di attenzioni. L'adulto abusante dei piccoli non si sente attratto dalla donna matura perché lo fa sentire impotente; è stimolato invece da partner sessuali che gli garantiscono una posizione di superiorità, di dominio, anche psicologico. La libertà e l'autonomia del partner in quanto persona disturbano chi è affetto da questa parafilia che invece ha bisogno, con le armi della seduzione, dell'inganno e della minaccia di pervenire ad un pieno controllo del suo piccolo partner. La personalità del pedofilo, che ampiamente si distingue da quella del violentatore di donne adulte, soprattutto per quanto riguarda la violenza, risulta dunque tipicamente caratterizzata da forti tratti di passività e dal facile e continuo ricorso a meccanismi difensivi quali la negazione, la scissione, la proiezione e la razionalizzazione. Nei due protagonisti dell'incontro sembra attivarsi una risonanza intima emotiva simile per quanto riguarda la richiesta d'amore, ma profondamente differente per quanto riguarda le modalità di “essere” nell'amore: spinta del bisogno di soddisfazione sessuale e/o di affermazione del proprio potere nell'abusante, mentre nel bambino-vittima del bisogno di gratificazione, di protezione e di cura. I maschi adulti con pedofilia spesso riferiscono di essere stati vittime di abusi sessuali da bambini. Motivo per il quale, ancora una volta, emerge la necessità di condivisione! Il mondo degli adulti esprime il bisogno di far silenzio rispetto alle tragedie dell'infanzia, un bisogno di non vedere, di non pensare e di non affrontare che finisce per rinnovare in ogni momento la solitudine e l'impotenza del bambino a disagio o maltrattato rispetto al suo dolore, alla sua necessità di dialogo, di sostegno e di protezione. Pertanto è importante capire cosa accade nel mondo degli adulti, per poter accedere a ciò che succede nel mondo dei più piccoli. Pesanti e diffusi pregiudizi ai danni dei bambini sono quelli relativi alla presunta tendenza di questi ultimi a mentire, alla loro, immaginata, insensibilità, passività, incompetenza. Vivono così un perpetuarsi della violenza e del dolore. Il dolore del silenzio e dell'indifferenza che trafigge e fa più male del dolore fisico.
Violenze dirette ed indirette sui minori . La violenza assistita
A cura di Allegra Sangiovanni
Troppo spesso la famiglia diventa la prigione nella quale, in nome dei sentimenti più nobili, si consumano gli abusi più meschini e le tragedie più orribili. Diversamente da altri contesti sociali, infatti, dalla famiglia violenta è difficile scappare. Quelle relazioni così ferree e incalzanti che legano la vittima al suo persecutore, rendono le ferite che si creano all’interno del nucleo familiare nella maggior parte dei casi indelebili. Il bambino progressivamente si adatta, apparendo, a una visione solo superficiale, normale e compensato. Tuttavia le conseguenze che emergono nel lungo periodo vanno a costruire un quadro di metamorfosi dell’identità. Autismo, psicosi, depressione grave, vita affettiva e sessuale gravemente compromessa: sono solo alcuni dei sintomi che si possono osservare nei postumi traumatici di queste trasgressioni. Anche se l’aggressore non alza un dito. Non è solo la violenza fisica a fare male, a volte la crudeltà mentale ne fa di più. Maltrattamento è da considerarsi, infatti, anche la reiterazione di modelli relazionali che cementano nel bambino l’idea di non essere amato o desiderato, o anche la presenza di biasimo protratto, isolamento forzato, critiche, preferenze nell’atteggiamento verso i fratelli e, ancora, minacce verbali, consenso a che il bambino assista alla violenza e ai conflitti coniugali o sia spettatore di aggressione di un genitore nei confronti dell’altro o dei fratelli. La violenza psicologica nelle forme di manipolazione affettiva, imbroglio, confusione delle emozioni è sempre accertata nell’abuso sessuale, così come nel maltrattamento fisico e nella trascuratezza, ed evolve comunemente in forma di violenza verbale o fisica. Non è vero che i bambini non vogliono parlare. Siamo noi adulti che non sappiamo riconoscere le loro esigenze e risorse di comunicazione. Abbiamo troppa fretta, poco tempo per pensare e pochi megabyte a disposizione per l’ascolto. E’ importante elevare un grido quando vengono violati questi angeli nella loro purezza fisica e psichica, e non nascondersi dietro l’omertà e la paura di guardare in faccia un dolore che noi per primi non vogliamo vedere |
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